Nel mondo si mangia sempre più (falso) all’italiana
Marino Niola su Il Venerdì di Repubblica prova a dare una differente lettura del falso made in Italy che non fa altro che confermare il successo della cucina italiana nel mondo (si imita perché piace) e soprattutto dello stile italiano anche a tavola. “Tutti vogliono italian cooking, ma troppi comprano italian sounding. Si chiama così quella denominazione di origine incontrollata che inonda il mercato alimentare planetario di falsi dal nome improbabile” scrive Niola. E poi via con alcusi curiosi esempi: “L’olio Pompei spremuto a freddo nel Maryland, il Parmesao cagliato nel Nordest del Brasile, la mozzarina di Montreal, il pecorino sardo di Timisoara, i Pachino raccolti a Pechino… E poi ancora rosecco, combozola, tinbonzola, regianito, pardano, gradano e persino un estetizzante parmigianino”. Sempre in tema di contraffazioni alimentari oggi su Panorama un ampio servizio denuncia questo fenomeno per la bufala: 7mila tonnellate di mozzarelle taroccate contro le 36mila di Dop autentiche, per un mercato del falso che tocca 100 milioni di euro.