L’utilizzo delle nuove tecnologie sta portando gli studenti a perdere l’uso del corsivo. L’allarme lo ha lanciato Giuliana Ammannati pedagogista di Pesaro, che da più di 10 anni conduce una ricerca sugli iscritti degli adolescenti dai 14 ai 19 anni. Dalla ricerca è emerso che i ragazzi si sono uniformati ai caratteri utilizzati nella videoscrittura e nei testi degli sms al punto da non legare più tra loro le lettere. Le cause però non sono solo queste. Negli ultimi anni è cambiato il metodo d’insegnamento. Un tempo, alle elementari, s’iniziava a scrivere partendo dalle aste per poi arrivare alle vocali e le maestre ci facevano riempire intere pagine di “A” maiuscole, “a” minuscole e in corsivo. Oggi il si adoperano altri sistemi: i bambini si fanno lavorare su schede prestampate che stanno via via sostituendo i classici “dettati” e riassunti. Questa nuova “didattica” allontana i ragazzi dell’esercizio manuale della scrittura con la conseguente perdita del corsivo, causando una sorta di “spersonalizzazione” della grafia. Ma un altro aspetto che, a mio modo di vedere, influisce e che non va trascurato riguarda la valutazione degli scritti. Ai miei tempi uno dei fattori determinanti che contribuiva alla valutazione finale era la bella scrittura. Oggi si è quasi trasformata in una discriminante. La possibile “emarginazione” di un bambino a causa della brutta grafia e il successo formativo a tutti i costi (?), col tempo ha portato gli insegnanti a non valutare più la bella calligrafia. Se questa scelta da un lato mira a non discriminare, dall’altro chi scrive male non farà nessuno sforzo per migliorarsi. Il rischio che ne deriva è che nel giro di qualche anno passeremo dalla “generazione X” alla “generazione senza corsivo”. Tale mutamento si ripercuoterà anche sulla firma; tant’è che già adesso i ragazzi “più tecnologici” firmano utilizzando caratteri a stampatello omologandosi così alla video scrittura.