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L’ansia sociale, cos’è?

Che cos’è l’ansia sociale?

Proviamo a spiegarlo con un esempio: “Oggi ricorre l’anniversario di matrimonio dei miei nonni. Dovrei essere presente e festeggiare insieme a tutti i miei parenti, ma non so se andrò. Ci saranno tutti: cugini, zii e qualche amico di vecchia data. Non so se riuscirei a far fronte a quella moltitudine di persone, non mi sentirei a mio agio, dovrei interagire con diverse persone, tutti mi guarderebbero. Magari non mi prenderebbero in giro per come sono vestito o per la mia goffaggine (del resto sono miei parenti!), ma sicuramente non farei una bella figura. Il solo pensiero di ciò che potrebbe succedere mi fa nascere un nodo in gola, mi sento spossato, mi manca il respiro, quasi quasi rimango a casa a vedere un film. Ecco, mi sento già meglio, sono più rilassato”.

Quante volte abbiamo fatto un ragionamento del genere? L’ansia sociale è un disturbo che vive circa il 5-15% della popolazione italiana (fonte 2015) e che colpisce donne e uomini, con una prevalenza delle prime. Esordisce durante l’adolescenza o nella prima età adulta e, attraverso una serie di meccanismi legati a pensieri e comportamenti, influisce sulla qualità di vita di chi la vive e delle persone che la circondano.

Chi vive il disagio legato all’ansia sociale è ben consapevole di avere accanto la peggior nemica di sempre. Una sensazione che l’accompagna nella quotidianità, portando alla nascita di un’ansia e un malessere smisurati che caratterizzano tutte quelle situazioni in cui si è esposti pubblicamente, nella convinzione che tutto ciò che si fa sia sbagliato e oggetto di giudizi e critiche da parte degli altri.

Le situazioni sono quelle classiche, e vanno dalla semplice presenza ad eventi con gruppi di persone (feste, ricorrenze) allo svolgimento di attività (parlare in pubblico, sostenere colloqui di lavoro, esibirsi, esprimere le proprie emozioni).

L’espressione fisica di questo malessere è caratterizzata da tachicardia, mancanza di respiro, nodo in gola, tremori, rossore, spossatezza, sudorazione, fino a sfociare in veri e propri attacchi di panico in cui non ci si riesce a controllare né fisicamente né psicologicamente, vivendo un’impotenza verso una sensazione di morte. A ciò va aggiunto anche il timore che chi sta intorno possa accorgersi di ciò che sta vivendo, portando la persona a “vergognarsi di vergognarsi”. Tutto questo ha come conseguenza l’evitamento di quelle situazioni che potrebbero rivelarsi ansiose.

La persona che soffre del disturbo d’ansia sociale è anche portata a sviluppare un’ansia anticipatoria tale da evitare qualunque tipo di interazione con gli altri, finanche di entrare in intimità poiché forte è la convinzione di non essere all’altezza, di non sapere come comportarsi, per cui il semplice pensiero di essere giudicata ridicola, incapace, inadeguata o stupida la porta ad isolarsi lentamente e completamente.

Spesso si tende a confondere la timidezza con l’ansia sociale ma è necessario precisare che intercorre tra le due una netta differenza. Una persona timida sperimenta semplicemente imbarazzo nel momento in cui si trova in una determinata situazione, ma ciò non pregiudica lo svolgimento delle proprie attività di vita. Nel caso di ansia sociale ci troviamo invece di fronte ad un forte senso di incontrollabilità che porta la persona a modificare aspetti sostanziali della propria quotidianità e della qualità della propria vita, arrivando a rinunciare alle relazioni.

Vani sono spesso tutti i tentativi che si mettono in atto per gestire l’ansia sociale, finte soluzioni che fanno sì che la situazione peggiori perché ci si allontana da ciò che si teme senza provare ad affrontarlo ed il benessere che ne deriva è solo momentaneo e dunque fittizio. Il risultato è quello di sembrare ancora più goffi, attirando l’attenzione su di sé (si parla, a tal proposito, di profezia che si autoavvera). Fare un uso spropositato di sostanze psicotrope o abusare di psicofarmaci per entrare in relazione con gli altri o tenere sotto controllo il senso di malessere rappresentano comportamenti che a primo impatto possono dare l’impressione di sentirsi protetti, ma che nel lungo periodo non fanno altro che aumentare i sintomi e peggiorare il disagio.

L’ansia sociale può essere risolta ed annullata totalmente, ma per fare ciò è necessario mettersi in gioco: è fondamentale conoscere se stessi e mettere in relazione i sintomi con i propri vissuti. I conflitti interiori vanno risolti attraverso un lavoro psicoterapeutico su di sé in direzione di una maggiore consapevolezza di come comportamenti errati di una vita intera hanno una base che spesso non dipende da chi ne soffre, ma dalle interazioni avute durante la propria crescita.

Importante è avere anche una serie di strategie per far fronte agli episodi che possono avvenire mentre ci si trova in mezzo alla gente, strategie comportamentali che aiutino a superare il momento. È utile affrontare le situazioni lentamente, partendo in sordina; ci si può cimentare ad esempio con le proprie emozioni portandole fuori. Infatti, come detto, la tendenza di chi soffre di ansia sociale è quella di nascondere le proprie emozioni e non svelare le proprie debolezze. Ecco, si può provare, un po’ alla volta, a svelarne una, con una persona che ci sappia ascoltare, che ci dia un senso di accudimento, esternando magari che in una determinata situazione proviamo tristezza, difficoltà, paura.

Focalizzarsi sulle singole situazioni che generano ansia è un ottimo modo per mettersi alla prova. Ad esempio elencando mentalmente (o magari scrivendole) tutte le situazioni che provocano ansia, paura, malessere, ci si renderà conto che ognuna di loro ha una valenza ed un peso diverso. Sviscerandole una per una si potrà capire quale di questa è la più difficile da gestire e qual è la più facile e si potrà scegliere di cimentarsi con una di esse per capire quanto si è capaci di affrontarla.

È necessario infine avere la consapevolezza che il cambiamento avviene solo se ci si crede. Pensare a se stessi come capaci di affrontare una situazione potenzialmente ansiosa è il primo passo avanti per superarla. Invece di usare la cosiddetta ansia anticipatoria che genera l’ansia, si potrebbe utilizzare il comportamento anticipatorio, ossia pensare ad una strategia comportamentale fatta di azioni ben definite che si potrebbero eseguire. Pensare ad ogni singolo step da poter mettere in atto in una data situazione ci porta ad avere un canovaccio da seguire e qualcosa a cui aggrapparci. Come detto le situazioni da scegliere per cimentarsi devono essere le meno ansiogene, così come gli obiettivi piccoli e raggiungibili. Tutto ciò che si fa va sempre ragionato, sia prima (in una sorta di briefing con se stessi) che dopo (in una sorta di valutazione di costi e benefici).

 

Dott. Pasquale Saviano

Psicologo – Psicoterapeuta

Specialista in Psicologia Clinica

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