I bambini spesso sono distratti, quale ruolo devono giocare i genitori per evitarlo e catturare la loro attenzione?
I bambini, soprattutto nella fascia di età 6-10 anni, sono incuriositi da tutto quello che ruota intorno a loro e che li stimola costantemente. Ciò li porta spesso ad essere “distratti”, presi dagli innumerevoli interessi che fronteggiano quotidianamente. Questo atteggiamento genera poca attenzione rispetto a tante altre cose, anche importanti, come riportare i capi di abbigliamento a casa dopo la scuola (felpe, giubbini, ecc.), badare al materiale scolastico, e quant’altro.
A quell’età non si può pretendere da loro una capacità di autoresponsabilizzarsi simile a quella di un adulto. Tale concetto è di difficile introiezione ed arriverà solo con il tempo, ma è necessario che i genitori spingano i figli verso la nascita di tale responsabilizzazione.
Non sempre è possibile seguire i figli in modo assiduo e costante, dati anche i ritmi frenetici della vita di oggi. Capita allora che uno o entrambi i genitori si sostituiscano ai figli, portando avanti compiti che in realtà dovrebbero essere eseguiti dai bambini. Se ciò da un lato permette ai genitori di organizzarsi e velocizzare i tempi, riducendo al minimo quelli morti, dall’altro sicuramente non favorisce l’autonomia nei figli, la nascita e lo sviluppo di quella responsabilità necessaria a prendersi cura delle proprie cose non dimenticandole in giro.
La reazione che a questo punto molti genitori mettono in atto è quella di richiamare continuamente i figli al rispetto delle regole, sollecitandoli ininterrottamente e generando in loro una doppia reazione: da un lato una completa e totale indifferenza, dall’altro capricci e pianti che alla fine non hanno un risvolto comportamentale reale, o addirittura, in alcuni casi attacchi e comportamenti di rabbia verso chi vuole spingere all’indipendenza ed alla responsabilità.
La chiave di lettura della distrazione dei bambini sta proprio nella presenza/assenza dei genitori. Come detto, la vita frenetica, gli impegni che assorbono papà e mamma sono spesso troppo invadenti per un ménage familiare sereno, ecco che la continua distrazione, il dimenticare (o lasciare) le proprie cose in giro, potrebbe essere un modo implicito per mantenere un certo grado di attenzione dei genitori su di sè e non essere dimenticato mantenendo papà e mamma agganciati a sé, al fine di non essere perso di vista.
Si tratta di un comportamento che non è funzionale per nessuno: gli adulti vengono così percepiti come controllori e sempre arrabbiati, rabbia “fisiologica” legata alla frustrazione di non poter e non saper fare nulla.
C’è anche da dire che la spinta verso l’autonomia va ponderata: non si può spingere verso l’indipendenza e la responsabilità bambini che nella realtà dei fatti non sono capaci di gestirla, né tantomeno si può pensare di indirizzarli ad essere indipendenti quando si ha tempo e sostituirai a loro quando invece si va di fretta e non si possono aspettare i loro tempi. Così facendo si crea una confusione nei figli impedendo loro di imparare un’autogestione funzionale. A questo punto è necessario ricominciare daccapo o virare su modalità comunicative ben chiare e coerenti, soprattutto tra i due genitori.
Utile può essere la schematizzazione dei comportamenti, la rappresentazione quotidiana e costante dei compiti che i bambini devono svolgere: la mattina (per prepararsi per andare a scuola), al ritorno da scuola, la sera prima di andare a letto, ecc., cercando, insieme a loro di pianificare quotidianamente le incombenze da rispettare, affiancandoli nell’esecuzione, cercando di valorizzare il raggiungimento di ogni piccolo obiettivo, ma soprattutto rispettando i loro tempi. La presenza non deve essere pressante, soprattutto nella fase di esecuzione. Infatti l’autonomia nasce anche dalle capacità di problem solving: solo attraverso questa un bambino o una bambina troverà quelle strategie nell’esecuzione dei compiti più consone al proprio modo di essere ed alle proprie capacità. È necessario fargli capire che se ha bisogno del supporto dei genitori li potrà chiamare perché presenti in casa, ma non come controllori.
Inoltre, come detto, è necessario valorizzare gli obiettivi raggiunti premiandoli e lodandoli affinché il bambino riesca a trarre anche piacere dall’esecuzione di un compito. Lo stesso vale per la preparazione della cartella, può essere fatta insieme la sera prima assicurandosi che tutto sia stato inserito e pronto per il giorno dopo.
La componente ludica a quest’età è molto importante e va tenuta in considerazione. Pertanto il controllo non va fatto in modo frenetico e pesante ma come un momento di gioco, fatto con calma e che un po’ alla volta deve diventare una routine.
Anche fornire al bambino la possibilità di formarsi delle liste mentali di ciò che deve essere sempre riportato casa è utile: per fare ciò si può pensare di fornire ogni settimana al bambino un oggetto che deve essere ricordato e riportato a casa, affinché possa, pian piano, crearsi una lista mentale delle cose che porta da casa scuola (o in altri luoghi) e che dovrà riportare indietro.
Non vanno dimenticati anche in questo caso i premi e le valorizzazioni dei comportamenti positivi. Infatti, la nostra mente e soprattutto quella dei bambini ha una forte tendenza ad associare un premio (che può essere anche fare qualcosa insieme ai genitori in questo caso) ad un comportamento e questa capacità può essere sfruttata (senza cadere nell’errore di promettere per ottenere), per favorire la reiterazione di un comportamento giudicato positivo. Ciò porterà anche il bambino o la bambina a percepire una “versione” meno distratta di sé come una componente più funzionale, che porterà un vantaggio su tutti: quello di avere al suo fianco i propri genitori, per di più sereni, che insieme a lui o lei faranno cose divertenti non sgridandolo ma con affetto e pazienza.
Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta