E’ opinione comune che i ragazzi di oggi non siano più disposti a fare sacrifici, sono abituati al “tutto e subito”, è veramente così?
Sento spesso dire che oggi i giovani non possiedono lo spirito di sacrificio, di obbedienza, di buona volontà, tipici di una generazione passata che aveva come metodo fioretti e rinunce attraverso i quali imparava a controllarsi senza lasciarsi andare ai capricci.
La considerazione oggi da parte delle vecchie generazioni è di ragazzi che crescono senza spina dorsale, poco dediti al sacrificio e pertanto privi di ideali. È importante rendersi conto che non esiste un’educazione della volontà basata su gesti gratuiti fini a se stessi, infatti sacrifici e rinunce sono sempre stati legati ad un significato che spingesse ad accettarli e compierli. Spesso è un atto d’amore a portare a quest’accettazione ma anche la volontà di non deludere chi ci propone una rinuncia, così come l’appartenenza ad un gruppo, la condivisione di intenti e di regole, ecc.
Allo stesso modo, come in una sorta di sfida con se stessi, nel tentativo di raggiungere un obiettivo importante su base etica, religiosa o idealistica, un giovane, se vuole e lo ritiene necessario ed utile, è disposto a mettersi in gioco accettando richieste che lo portino a rinunciare a qualcosa o fare dei sacrifici. Si tratta di tutte quelle spinte motivazionali che portano ognuno di noi, giovani compresi, a mettere in atto determinati comportamenti.
I ragazzi di oggi sono ancora capaci di mettere in atto sacrifici, affrontare rinunce, ma lo fanno in nome di valori forti e concreti, li si vede sempre più spesso impegnati in attività di volontariato di ogni genere: si pensi agli oratori, all’associazionismo o allo scoutismo. Anche nei comportamenti che mettono in atto quando sono innamorati possiamo ritrovare azioni che indicano un certo grado di empatia ed altruismo che sono alla base di rinunce e sacrifici, così come spesso accade nell’affrontare un’impresa a lungo desiderata e progettata.
Anche se oggi l’elevata abbondanza di beni e possibilità può sembrare ridurre sempre più i desideri e gli interessi per i quali mettere in atto sacrifici, bisogna interrogarsi su chi sia degno d’amore tanto da spingere un giovane ad un impegno o un sacrificio, chi o cosa possa rappresentare il motore di questa scelta.
Porsi quindi su due piani: uno di tipo educativo, l’altro di tipo motivazionale. Nel primo caso è necessario considerare chi sono gli adulti che si pongono come educatori, che valenza hanno per il giovane e come agiscono su di lui e sulla sua crescita come individuo. Purtroppo non sempre insegnanti, allenatori, istruttori, adulti che hanno a che fare quasi quotidianamente con loro, si pongono in ottica educativa. Può capitare che non riescano debitamente a calarsi nel mondo dei ragazzi per favorirne la crescita, ad appassionarsi dunque a ciò che questi amano, che preferiscono, a cui aspirano, e portarli poi lentamente ad apprezzare le cose degli adulti.
Per quanto riguarda l’aspetto motivazionale, i giovani vanno educati ad una sana e moderata competizione con se stessi, l’unica che può spingerli a dare il meglio di sé. Infatti è paradossale che oggi i ragazzi siano spinti a continue prestazioni scolastiche e sociali ma anche fisiche che li portano a dubitare del loro valore per chi gli sta intorno chiedendosi continuamente: “Chi sono io per gli altri?” e dimenticando di porsi la domanda più importante: “Chi voglio diventare?”. Questa dovrebbe essere la domanda da porsi è che ne favorirebbe un senso di miglioramento, in un’ottica di sacrificio.
Il compito di genitori ed educatori dovrebbe essere quello di favorire in ogni adolescente questa domanda affinché riesca a darsi risposte valide.
Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta