Il percorso che ho sviluppato vuole evidenziare come la scuola sia la prima vera destinataria di un processo di inclusione iniziato da decenni e che nel tempo, grazie all’evoluzione e il cambiamento socio-culturale, ha favorito interventi di carattere legislativo finalizzati a garantire l’inclusione dei disabili sia a scuola che nella società. E’ stato un percorso tortuoso e faticoso che ha dovuto fare i conti con l’ignoranza e le credenze popolari di un tempo, ma anche con le politiche di risparmio. Questo ha comportando l’impossibilità di avvalersi di un congruo numero di insegnanti specializzati in grado di assicurare al disabile un concreto miglioramento nell’ambito sociale e scolastico.
La Legge Finanziaria varata nel 2008 ha cambiato il rapporto fra insegnante di sostegno e alunno diversamente abile. Le famiglie sono state costrette a rivolgersi al T.A.R delle proprie regioni, per avere riconosciuti i loro diritti. Diritti riconosciuti dalla Sentenza della Corte Costituzionale n. 80, depositata il 26 febbraio 2010. Un altro aspetto, che voglio evidenziare, è la scarsa propensione dei docenti al lavoro di équipe, che si potrà superare soltanto con una formazione continua. Infatti, solo con la formazione continua, di tutti gli operatori scolastici, e l’approfondimento delle problematiche connesse all’apprendimento si potranno mettere in atto tutti quegli accorgimenti di cui tanto si sta parlando dopo la legge 170. Concludo questo lungo percorso citando un passaggio contenuto nelle nuove linee guida del MIUR relative al PTOF. Nella nota 2805 del 11 dicembre 2015 nel paragrafo intitolato “La flessibilità didattica e organizzativa” viene indicato alle scuole: “L’adozione di modalità che prevedano di poter lavorare su classi aperte e gruppi di livello potrebbe essere un efficace strumento per una didattica individualizzata e personalizzata”. Tutto questo, perché ogni scuola possa avere una connotazione fortemente inclusiva? Oppure vi è il rischio di un pericoloso ritorno al passato di tristissima memoria?