“E’ un anno difficile per la frutta di qualità che si produce nell’areale occidentale della provincia di Vercelli”.
A rimarcarlo sono il presidente e il direttore della Coldiretti interprovinciale Paolo Dellarole e Marco Chiesa, evidenziando come “ai problemi dettati dal maltempo, si è aggiunta la crisi internazionale e i riflessi dell’embargo che ha, di fatto, stoppato i flussi commerciali con la Russia, con pesanti ricadute per quanto riguarda il prezzo di pesche e nettarine”.
Situazione altrettanto delicata sul fronte dei kiwi, “dove il prezzo ha sì registrato un aumento, ma a crescere è stata soprattutto la batteriosi, malattia che negli ultimi anni ha decimato la produzione di kiwi in tutta la nostra regione e che quest’anno ha avuto una particolare recrudescenza, agevolata da freddo e pioggia”.
A completare un quadro piuttosto fosco sullo ‘stato dell’arte’ dell’agricoltura nell’areale occidentale del Vercellese è la produzione del mais, “le cui piogge hanno purtroppo inciso sulla qualità delle pannocchie raccolte”.
Ma la crisi della frutta ha caratteri e concause ben più estese: anche la crisi economica che ha colpito le famiglie, infatti, ha generato una serie di problemi.
E’ la frutta fresca a far segnare il maggior crollo dei prezzi, con un calo del 4,4% rispetto allo scorso anno che spinge alla deflazione il settore dell’alimentare e delle bevande analcoliche (-0,1%), in linea con il calo medio dell’inflazione dello 0,1%. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi all’inflazione a settembre. Gli effetti negativi della spirale recessiva tra deflazione e consumi si evidenzia nell’ortofrutta con il crollo degli acquisti degli italiani che nel 2014 sono scesi addirittura ben al di sotto del chilo al giorno per famiglia, un valore inferiore a quelli raccomandati dal Consiglio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, mettendo a rischio la salute dei consumatori ed anche il reddito delle imprese.
In generale l’andamento dei prezzi riflette una situazione difficile sul lato degli acquisti alimentari che nel 2014 hanno toccato il fondo e sono tornati indietro di oltre 33 anni, ai livelli minimi del 1981.
Gli italiani nei primi anni della crisi hanno rinunciato soprattutto ad acquistare beni non essenziali, dall’abbigliamento alle calzature, ma poi hanno iniziato a tagliare anche sul cibo riducendo al minimo gli sprechi e orientandosi verso prodotti low cost e, di conseguenza low quality. Un segnale di difficoltà che è confermato dal fatto che più di otto italiani su dieci (81 per cento) non buttano il cibo scaduto con una percentuale che è aumentata del 18% dall’inizio del 2014.
“Coldiretti è impegnata ad ogni livello a fronteggiare la situazione, perché è importante e prioritario garantire futuro alle imprese ortofrutticole che operano nell’areale delle nostre province: si tratta di un segmento importante, fatto di imprese che lavorano nel segno della qualità. Troppo spesso, la nostra agricoltura si ritrova a subire gli effetti di ‘agenti esterni’ collegati alla situazione politica e dei mercati internazionali. E’ successo con il riso come con la frutta: occorre puntare su etichettatura, valorizzazione del prodotto made in Italy di qualità e, soprattutto, essere vicini alle imprese con servizi di supporto mirato. Ed è ciò che fa Coldiretti”.