Questa volta non si tratta di riforme, ma semplicemente del crollo delle nascite. A lanciare l’allarme e’ la rivista Tuttoscuola.com secondo la quale tra soli cinque anni: “verranno a mancare al primo anno delle scuole primarie 49.309 alunni, con un decremento di circa il 9%”.
Infatti i nati 2008 (che inizieranno la scuola dell’obbligo dal prossimo settembre) sono 553.457; i nati 2013 (in obbligo scolastico tra cinque anni) sono 504.148 (i dati escludono le province di Trento, Bolzano e Valle d’Aosta).
L’onda di magra che ne seguirà nell’arco dei successivi tredici anni (2018-2030), sull’intero percorso scolastico, determinerà – stando agli attuali parametri – la chiusura di non meno di 23 mila classi e la soppressione di quasi 40 mila posti di docente (escludendo dal calcolo la scuola dell’infanzia e i posti di sostegno). Un taglio degli organici del 7%. Una minaccia anche per i tanti che premono per salire stabilmente in cattedra dopo una lunga trafila e per coloro che da studenti stanno puntando le loro carte sull’insegnamento.
Questi dati, che non possono non preoccupare chi si occupa di scuola, possono però essere trasformati in un’opportunità: un’attenta pianificazione a medio-lungo termine potrebbe portare a rafforzare radicalmente nell’arco di 15 anni la qualità del servizio ad invarianza di spesa. Infatti i docenti in eccedenza per il calo di nascite e quindi di alunni, appositamente riqualificati, potrebbero essere impiegati in attività di orientamento, recupero, integrazione e digitalizzazione della scuola, mentre gli spazi negli edifici scolastici che si renderanno disponibili potrebbero essere utilizzati per laboratori e per una nuova disposizione delle classi secondo le esigenze della scuola digitale, oltre che per offrire nuovi servizi di educazione non formale (es. corsi di lingue, informatica, etc) e informale (esperienze legate al gioco, allo sport, ai social network, etc), anche attraverso il sub-affitto a terzi, destinando gli introiti alla manutenzione degli edifici, o ggi spesso carente.
Si tratterebbe insomma di applicare l’attuale dimensionamento della scuola alla platea più ridotta che entrerà nelle classi a partire dai prossimi anni, rivisitando l’organizzazione e alcune logiche, con una forte attenzione agli obiettivi (più qualità e “ricchezza” nei servizi, ma anche responsabilizzazione e accountability per chi li eroga)”.