La crisi (e la globalizzazione) rischia di fagocitare un intero patrimonio culturale ed enogastronomico. Le botteghe del gusto storiche rischiano di chiudere o di abbandonare le loro sedi storiche per trasferirsi in periferia. Nessun paese ne è immune, nemmeno i cugini d’Oltralpe. A Parigi, la storica capitale del gusto, stanno chiudendo diverse botteghe storiche che, schiacciate dagli affitti troppo elevati e dal calo dei consumi, si trasferiscono in periferia (quando va bene) o più spesso chiudono.
Fra queste fa rumore la clamorosa chiusura, nei Marais di una delle gastronomie e brasserie più celebri d’Europa, Jo Goldenberg, simbolo della cucina ebraica mitteleuropea. Oggi al suo posto è stata aperta una jeanseria in franchising.
Non è l’unica era accaduto lo stesso Alla celebre Allard, rotisserie dalle mille specialità nel quartiere latino, sostituita da catene ristorazione asettiche spesso firmate da grandi chef della capitale. “I parigini – scrive oggi Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera – hanno l’impressione che la loro stia diventando una città in franchising. Come una miniera data in concessione ai marchi del mondo globale”. E accanto alle vetrine scintillanti continua anche l’erosione dei passages divenuti – scrive Cazzullo – “mercati asiatici al coperto” e ora i cinesi “hanno conquistato anche il sottobosco del piccolo artigianato che ancora resisteva nei cortili di case insospettabili”.