A dare l’allarme è il quotidiano “Il Giornale”: sta prendendo sempre più piede il vino liofilizzato che richiama al nostro Paese. Per acquistarlo bastano pochi clic e immediatamente arriva a casa la bustina di vino (Barolo, Valpolicella, Amarone ecc.) con le relative etichette che richiamano al nostro Bel Paese. Tutto ciò mentre i produttori italiani e il governo lottano quotidianamente per far conoscere il nostro straordinario vino nel mondo.
Ne ha scritto anche il Club di Papillon, questo l’articolo
Il finto Barolo è Made in Italy. Mentre centinaia di produttori si adoperano per diffondere nel mondo l’immagine del vino d’eccellenza italiano, altri pare preferiscano percorrere strade ‘alternative’, facendo conquistare al Bel paese un primato imbarazzante. Per acquistare una confezione di Barolo liofilizzato infatti basta un clic, così come per fare proprie bustine di Cabernet Sauvignon, Montepulciano, Amarone oppure Valpolicella. L’operazione è semplice: si acquista il vino di proprio gradimento e, insieme a questo, viene fornito un kit che contiene una busta di vino liofilizzato, le etichette da applicare alle bottiglie e il relativo tappo. Ma quello che forse più fa rabbrividire è che sulle confezioni di vino fai-da-te appaiono simboli che richiamano l’Italia, come il Colosseo, paesaggi tipicamente toscani oppure il tricolore. Mesi di indagini hanno permesso di ricostruire parte della catena della produzione di vini liofilizzati, la cui capofila sarebbe una azienda emiliana che raccoglie dai produttori il succo d’uva concentrato. Quindi, a mezzo cisterne, da due porti dell’Adriatico il prodotto raggiungerebbe il Canada, dove il mosto verrebbe liofilizzato e poi esportato nei Paesi del nord Europa in cui la vendita è legale. E poi anche in Cina, Stati Uniti, Thailandia e Inghilterra.