Riportiamo su A Ruota Libera un interessantissima riflessione di Marco Sansoè fatta a margine del collegio dei docenti presso la scuola dove presta servizio, ma la stessa riflessione può essere proposta a tutti i docenti di tutte le scuole italiane.
Care colleghe e cari colleghi,
… non c’è la cultura. L’impressione che ho tratto dal Collegio dei docenti di gennaio è che si creda che le tecniche, da sole, siano sufficienti per il funzionamento della scuola. Sembra che ci possano essere delle tecniche capaci di risolvere le difficoltà, le mancanze, i ritardi.
Non nego che ci possano essere metodologie in grado di affrontare le questioni ma… sento e vedo un mondo scolastico ripiegato su se stesso, sempre più incerto e confuso.
Mi potrei sbagliare ma credo che si debba fare un nuovo sforzo di rimotivazione.
Per questo ritengo insufficienti i soli richiami alle tecniche didattiche, alle nuove tecnologie, ecc… Ci vuole altro e di più. Ci vuole la cultura (umanistica, scientifica e tecnica insieme, rompendo le vecchie separazioni).
Credo nella necessità di aprire un confronto:
· sulle funzioni della scuola oggi, con questi studenti e questi giovani, con questi insegnanti;
· sulla funzione della nostra scuola nel contesto sociale biellese;
· su questa scuola con queste risorse a disposizione.
Senza una riflessione attraverso la quale gli insegnanti possano riappropriarsi, consapevolmente, del proprio ruolo, non credo possibile realizzare alcun progetto. Meglio, i progetti che si potranno realizzare porteranno con sé le contraddizioni di sempre: superficialità, mancanza di continuità, scarsa capacità di coinvolgimento del personale, ecc …
Se davvero vogliamo vivere l’occasione del cambio di Direzione della scuola (senza giudicare l’operato precedente né quello attuale) in modo dinamico, credo sarebbe utile avviare una riflessione che si ponesse l’obiettivo di fare chiarezza (non certo quello di istituire delle linee guida), solo un’occasione per capire, per ritrovare il senso del nostro lavoro, per ritrovare una motivazione.
Non è necessario trovare unità di intenti, ma necessario è trovare il senso forte del nostro ruolo e di quello della scuola.
Provare a rispondere alla domanda “che fare?” sapendo che le risposte (plurali) possono essere date solo per approssimazione, per avvicinamento.
Non credo, ovviamente, che si debba fermare l’attività scolastica per “riflettere”, ma credo indispensabile prendere atto che la scuola (e l’Università) resta uno dei luoghi della circolazione della cultura, l’unico nel quale il sapere è accompagnato dall’acquisizione di un metodo, quel metodo che dovrebbe fornire gli strumenti per continuare ad avvicinarsi alla cultura fuori e oltre la scuola. Per questo ci vuole cultura!
Questa consapevolezza ci obbliga a verificare se stiamo svolgendo quella funzione, come la stiamo svolgendo, con quali risultati. Per fare questo non credo sufficiente l’introduzione di nuove tecnologie o pratiche di orientamento e riorientamento o test d’ingresso e in uscita o altre tecniche standardizzate. Forse questi sono strumenti utili, ma lo possiamo sapere solo se sono accompagnati dalla consapevolezza condivisa dai lavoratori della funzione sociale della scuola.
Forse varrebbe la pena di parlarne…
Un ultimo indispensabile appunto: credo che questo sia l’unico luogo di lavoro nel quale sia consuetudine chiedere di lavorare gratis. La scuola funziona solo grazie alla disponibilità di molti insegnanti e lavoratori che vi si dedicano e resistono nonostante il “massacro sociale” al quale sono stati sottoposti con il taglio delle risorse, la precarizzazione, il blocco dei contratti e dei pensionamenti.
Mentre ministri e funzionari si trastullano con le loro “idee innovative” noi dobbiamo gestire un sistema scolastico schizofrenico: da tutti ampiamente criticato, senza che nessuno chiede a noi, che vi lavoriamo, cosa ne vorremmo fare, cosa vorremmo fare, come lo vorremmo fare.
Dobbiamo saperlo…: se molti non accetteranno di collaborare è perché non intendono avallare strategie imposte che non tengano conto della nostra professionalità e delle nostre competenze; …e molti non sono più disposti a lavorare gratis!
Marco Sansoè