CHIMIENTI LUIGI GALLO ,VACCA, D’UVA , MARZANA DI BENEDETTO BATTELLI SIMONE VALENTE BRESCIA e MASSIMILIANO BERNINI
— Al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca .
— Per sapere – premesso che:
in data 25 marzo 2013 è stato firmato dal Ministro dell’istruzione dell’università e della ricerca pro tempore Francesco Profumo il decreto avente ad oggetto: «Istituzione dei percorsi speciali abilitanti, ai sensi del decreto del Ministro dell’istruzione 10 settembre 2010, n. 249 e successive modificazioni» che ha affiancato al percorso abilitante ordinario, detto «tirocinio formativo attivo ordinario», percorsi abilitanti riservati, detti «TFA speciali», come misura transitoria limitata a tre annualità (2012-13, 2013-14 e 2014-15);
tale provvedimento, tanto atteso da docenti precari non abilitati, è rivolto a chi ha svolto un servizio di almeno 3 anni nel periodo compreso tra gli anni scolastici 1999-2000 e 2011-2012. Tali docenti precari, il cui numero stimato dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, secondo criteri e fonti non chiariti, è di circa 75.000, deve essere ora registrato alla Corte dei conti e pubblicato in Gazzetta Ufficiale
il titolo di accesso alla professione di docente non è costituito dall’abilitazione ma dal diploma o dalla laurea, unici titoli validi di idoneità all’insegnamento nell’ambito delle rispettive classi di concorso, così come previsto dalla normativa vigente e secondo i criteri fissati a monte dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (nel caso delle lauree devono essere stati sostenuti determinati esami) e come recentemente ribadito dall’ultimo concorso a cattedre;
la direttiva europea 36/2005 CE stabilisce che tre anni di esperienza professionale sono assimilati a un titolo di formazione, non all’accesso a un anno di tirocinio per ottenere il titolo abilitante e che nel rispetto della suddetta direttiva, si è tenuti a riconoscere che «l’esperienza professionale integra e completa la formazione»;
avere esercitato legittimamente per tre anni una professione, sempre in base alla direttiva europea citata, implica il riconoscimento professionale e non stabilisce, come interpretato dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca a discapito dei docenti italiani, diritto di priorità per l’accesso a corsi di formazione professionale;
l’amministrazione pubblica scolastica, per garantire nel Paese il regolare svolgimento del servizio secondo gli standard nazionali fissati, si è avvalsa e tuttora si avvale dei docenti precari della III fascia delle graduatorie d’istituto, riconoscendone la professionalità;
nello specifico, il decreto del 25 marzo 2013 appare in contraddizione con lo schema di decreto ministeriale rettificativo e integrativo del decreto ministeriale n. 249 del 2010 in particolare esiste una contraddizione tra l’articolo 4, comma 1, punto c) , n. 1- quater («L’iscrizione ai percorsi formativi abilitanti speciali non prevede il superamento di prove di accesso») e la tabella 11- bis come modifiche dall’Allegato A al Decreto del 25 marzo 2013. La prova «non selettiva», introdotta nella modifica alla tabella 11- bis al fine di poter meglio scaglionare in tre anni il contingente degli aventi diritto (sulla base del punteggio ottenuto si effettuerà una ripartizione nei tre anni e l’ordine di priorità per la frequenza dei corsi è determinato in base ai risultati della prova nazionale), per sua natura stravolge infatti la legge stessa, risultando fortemente selettiva e penalizzante. Essa influisce per ben il 35 per cento sul punteggio finale di abilitazione e richiede almeno il superamento della soglia delle 43 risposte esatte su 70 (il 60 per cento del totale) per non essere valutata 0 punti. L’attribuzione di zero punti sotto la soglia di 43 risposte esatte, di fatto, introduce quindi un elemento di forte selettività, mentre i quiz dovrebbero essere finalizzati solo a graduare gli accessi ai percorsi formativi;
la prova di valutazione delle competenze in ingresso, disciplinata dall’articolo 3 del decreto del 25 marzo 2013 e consistente in 70 quesiti a risposta multipla ripartiti in capacità logiche, capacità di comprensione del testo e lingua straniera, non è assolutamente adeguata a testare le competenze disciplinari di docenti che hanno già esercitato la professione, come tra l’altro sottolineava la relazione illustrativa del precedente schema di decreto modificativo del decreto ministeriale n. 240, del 2010 (AC. n. 535), e comporta una evidente disparità di trattamento rispetto alla verifica delle competenze in ingresso prevista per i candidati ai TFA ordinari;
ai fini dell’inserimento nelle graduatorie permanenti, la valutazione del punteggio conseguito con il TFA ordinario, secondo i rispettivi regolamenti e tabelle, risulta il doppio rispetto a quello conseguito con il TFA speciale: per gli insegnanti che frequenteranno lo «speciale» la valutazione per ogni anno di servizio è di 6 punti in II fascia di istituto e così pure la valutazione del titolo abilitante, mentre per coloro che frequentano l’«ordinario» è quello stabilito e oggi vigente di 12 punti;
non avranno accesso al TFA speciale né coloro che matureranno i requisiti di ammissione con l’anno in corso, dal momento che il decreto non è ancora stato definitivamente registrato, né coloro che maturerebbero i requisiti con 540 giorni cumulativi e ripartiti su più anni di servizio;
la nuova previsione regolamentare, che ha introdotto una prova definita «non selettiva» nella modifica alla tabella 11- bis e che influisce per ben il 35 per cento sul punteggio finale di abilitazione richiedendo almeno il superamento della soglia delle 43 risposte esatte su 70 (il 60 per cento del totale) per non essere valutata 0 punti, è in contrasto con il parere contenuto nella relazione illustrativa dello schema di decreto n. 535, che faceva presente che «la previsione di iscrizione ai percorsi formativi speciali senza superamento di prove di accesso è determinata dal fatto che gli aspiranti, attraverso il servizio prestato, hanno già dato prova di possedere la competenza disciplinare che la stessa prova deve accertare»;
le previsioni del decreto ministeriale del 25 marzo 2013, contenenti l’introduzione della prova non selettiva e il conseguente scaglionamento in tre anni, sono state inserite dopo l’acquisizione dei pareri delle Commissioni parlamentari, del Consiglio di Stato, del CNPI e del CUN e risultano dunque frutto di un’autonoma iniziativa del Governo, e dunque non presi in considerazione nei pareri;
come sottolineato dalla sentenza dei Consiglio di Stato n. 01150/2011: «…È noto che dopo l’acquisizione dei pareri, i testi normativi possono essere modificati solo in adeguamento ad essi o per far fronte ad oggettive sopravvenienze» –:
se il Ministro non ritenga urgente intervenire affinché siano rimosse le disparità di trattamento rilevate nelle premesse e nelle constatazioni, che produrrebbero inevitabilmente molti ricorsi con probabili conseguenze onerose per il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca;
se sia intenzionato a chiedere nuovamente i pareri delle Commissioni Parlamentari, del Consiglio di Stato, del CNPI e CUN in merito alle modifiche introdotte dal decreto ministeriale 25 marzo 2013 schema di decreto rettificativo del decreto ministeriale n. 249 del 2010;
se sia intenzionato a porre l’attenzione sull’irrazionale e dispersivo sistema di reclutamento docenti attualmente in vigore, assumendo una posizione di ascolto e mediazione tra le diverse aspirazioni di una categoria che negli ultimi anni ha visto peggiorare sempre più la propria condizione di instabilità e precariato.