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Attenzione a cosa portate a tavola – Quando la pubblicità ci “avvelena”

La questione principale si chiama “sintesi”. Se con Twitter il limite massimo del messaggio è fissato in 140 caratteri, nel mondo del marketing alimentare il numero di “lettere” a disposizione deve essere ancor più basso. L’obiettivo è raggiungere con la strada più breve, veloce ed efficace la mente in generale, il portafogli di conseguenza, lo stomaco nello specifico. Qui si vende cibo attraverso la certezza offerta di operare per il nostro bene: come, non sapete quanto è importante il
Selenio? Cosa?! Non conoscete il Selenio? Male, malissimo. Peggio. Non volete bene né a voi stessi né alle persone che vi circondano. È ora di pentirsi, e lo strumento per farlo, ad esempio, è proprio quella patata ricca del giusto quantitativo di elemento chimico. “Mi viene da ridere, ma è proprio così. All’improvviso ci fanno scoprire un’assenza gravissima nelle nostre abitudini alimentari. Quasi ci colpevolizzano, anche se non è vero”, spiega Dario Bressanini, ricercatore presso il dipartimento di Scienza e alta tecnologia dell’Università dell’Insubria a Como. Lui ha da poco pubblicato un libro, “Le bugie nel carrello”, partendo da un’idea: voglio capire cosa realmente mi offre lo scaffale del supermercato. Et voilà .
Ortaggi miracolosi
“La vicenda della patata al Selenio è uno dei casi che mi ha maggiormente appassionato: ti dicono ‘la devi mangiare’, ma nessuno ti spiega la quantità. Nessuno ti dice: ‘occhio, se esageri fa male. Malissimo’. Nessuno ti illustra come quell’elemento è già presente nella nostra dieta. La verità è una: le aziende devono solo vendere, devono inserirsi nelle nostre abitudini”. Così, è nella distanza tra slogan ed etichetta, tra fronte e retro, che possono nascondersi i tranelli. Lo sa bene Maria Rosaria D’Isanto, biologa, specialista in Scienze dell’alimentazione e presidente dell’Associazione italiana nutrizionisti: ogni giorno, da 25 anni, prova a riportare le tendenze alimentari sul giusto binario e a sgombrare il campo da false credenze e interpretazioni errate. “È una lotta quotidiana per correggere comportamenti ed espressioni troppo spesso influenzati dai messaggi dei media”. Nel suo studio al Centro di medicina di Villorba, nei dintorni di Treviso, ha visto cambiare vizi e virtù degli italiani a tavola, di pari passo alla nascita di mode e nuove tendenze. Evoluzioni dettate dagli stili di vita e di lavoro. Ma anche dalle campagne pubblicitarie dei colossi dell’alimentazione, dove non sempre il messaggio trova riscontro nel piatto. “Volete un paradosso? – continua Bressanini – La farina di Kamut. Nessuno si accorge della ‘R’ in alto accanto al nome. Bene, vuol dire ‘marchio registrato’. Kamut è un nome, è come dire Nutella o qualunque altro prodotto, ed è realizzato in Nord America, in Canada, ed hanno l’esclusiva mondiale. Eppure è possibile acquistarla anche nei negozi biologici a chilometri zero”. Ecco uno dei punti: nella continua corsa al benessere e alla perfezione estetica, uno dei terreni più scivolosi per il consumatore è quello dei cibi salutistici. “In questo ambito ci facciamo influenzare molto da spot e operazioni di marketing. Prendiamo l’esempio dello yogurt. Fino a 15 anni fa nei supermercati c’era solo uno scaffale dedicato a questo alimento. Oggi invece troviamo corsie intere riempite con ogni tipo di yogurt. Questo perché a volte ci viene presentato come un prodotto con delle qualità salutistiche, che in realtà sono ancora da dimostrare. È vero che è un buon alimento, veicolo di calcio, ma dire che può risolvere le carenze dell’età, magari aiutandosi con un testimonial giusto, può essere ingannevole nei confronti del consumatore. E anche per quanto riguarda l’azione sull’intestino, dire che influisce sulla flora batterica è giusto, ma spingersi oltre, esaltando altre doti, è scorretto”. Come è “scorretto” abboccare al suo colore. Il più alterato? “Il rosa della fragola – racconta Bressanini – è spesso ottenuto grazie al succo di barbabietola o di carota. Ma quello che mi ha fatto più ridere è stato scoprire come si interviene sul pesce: anche le mazzancolle subiscono dei trattamenti, in modo da renderle più seducenti ai nostri occhi”.
Capitolo mare: tra una spigola cresciuta ad antibiotici e un’orata anche lei “bombata” a medicine, una volta la salvezza arrivava dei pesci di taglia grande. Eppure “anche qui c’è da stare attenti. Il tonno arriva alla fine della catena alimentare, si nutre delle specie più piccole, spesso è carico di mercurio. Negli Stati Uniti lo sconsigliano alle donne incinte”, scrive nel libro Bressanini. Da noi no. Anzi pubblicizzano, vantandosene, quello “che si taglia con un grissino”, così morbido solo perché è frutto dei rimasugli di lavorazione. Altro discorso è quello per i cibi presentati come “senza zuccheri aggiunti”. “È una definizione che si incontra di frequente nelle marmellate, ma che rischia di essere fuorviante, soprattutto per chi ha problemi di peso o ha la glicemia alterata. Spesso infatti dentro c’è succo d’uva concentrato, ricco di glucosio, che è comunque uno zucchero semplice. E una persona che non è seguita da un esperto può magari ritenerlo un prodotto adatto a sé anche se negli effetti non lo è”.
Torniamo al cibo “selezionato”. “Frutta e verdura non trattate possono sviluppare delle tossine dannose chiamate aflatossine – denuncia la D’Isanto – Per questo l’etichetta ‘biologico’ non vuol dire immune da sostanze nocive, e a volte non giustifica il prezzo superiore con cui si presenta sugli scaffali. Anche perché un prodotto fatto con la lotta integrata è ugualmente valido, e costa meno”.
Ci sono poi delle parole magiche comparse negli ultimi anni su centinaia di prodotti, capaci di fare impennare le vendite. “Naturale è una di quelle. Per la maggior parte delle persone è sinonimo di più affidabile. Ma cosa significa davvero? – continua la professoressa – Un tonno è al naturale semplicemente perché è senza olio d’oliva ma potrebbe contenere mercurio. E siamo sicuri che gli alimenti naturali, come quelli a base di erbe, siano sempre più salutari? Ricordiamoci che anche la cicuta è naturale ma se si mangia si muore”.
Capitolo “biodinamica”
Qui è entriamo nel campo dell’esoterismo. Dei riti. Degli astri. “Tutto nasce dalla visione di un filosofo austriaco, Rudolf Steiner – sorride Bressanini – Questo signore nel 1924 tenne una serie di otto lezioni sulla fertilità del suolo e sulle forze cosmiche”. Morì l’anno successivo, ma da qual corso di agricoltura è nata la biodinamica.
Un esempio del credo di Stainer? Ecco cosa consiglia per cacciare i topi: “Catturatene uno abbastanza giovane e spellatelo in modo da recuperare la pelle. Ora avete la pelle (ci sono sempre abbastanza topi, ma devono essere di campo se volete fare questo esperimento)”. Attenzione, un’accortezza ulteriore: la pelle deve essere ottenuta quando Venere è nel segno dello Scorpione”. Questa e altre dritte giustificano il prezzo più elevato rispetto ai vini normali. Perché certe pratiche irrazionali hanno seguito? “In un mercato sempre più affollato di proposte , è importante trovare dei modi per caratterizzare un prodotto e distinguerlo dagli altri, vendendo allo stesso tempo delle emozioni”. L’emozione di aprire il portafogli con la certezza-speranza di acquistare una fetta di salute.

Il Fatto Twitter: @A_Ferrucci e @GiuZacc