«Ho iniziato a lavorare con questa ditta nel 2008 e sono stato licenziato al ritorno da un viaggio a Ferrara, nel pomeriggio. Mi ha chiamato il capo e senza preavviso mi ha detto che da domani non lavoravo più». Chissà se quando andiamo a prendere il caffè alla macchinetta, in ufficio, ci viene mai in mente che dietro quel bicchierino di plastica e quel sapore artificiale c’è una persona in carne ossa, che fino alla mattina prima è venuto a rifornire il distributore, ma alla sera non c’è già più.
La storia di questo licenziamento molto poco ortodosso campeggia sulla home page di «Bastard&Poor’s», la nuova agenzia di rating al servizio dei lavoratori che è stata lanciata on line lo scorso 1 maggio.
Il fatto è accaduto in una ditta di distributori del modenese, ma scorrendo il sito saltano agli occhi denunce di nomi altisonanti, da Ryanair a Ikea, da Sky fino alla Coop. Il massimo risparmio sui costi si può trasformare in abuso sui dipendenti, e così le aziende – giudicate da chi ci lavora – simuovono da rating più benevoli (A: «In osservazione», codice verde) a quelli da allarme rosso (F: «Sciopero»).
L’idea di base è piuttosto semplice, ma finora non ci aveva pensato nessuno: un gruppo di attivisti – che vogliono, almeno per il momento, rimanere anonimi – ha pensato di costruire una piattaforma per permettere a chi lavora e si sente sfruttato, di poter raccontare, senza mediazioni, la propria storia. È ovvio che la redazione opera un filtro, eliminando ad esempio i riferimenti a singoli manager (ma non alle aziende, che vengono invece nominate), gli insulti e le frasi offensive, gli incitamenti a compiere reati.
Il rating finale di un’impresa (o di un ufficio pubblico, c’è anche la denuncia di un precario della scuola), viene fuori in realtà da una media di diverse voci: maternità, contratto, retribuzione, benefit, malattia, sicurezza etc. Dalla A alla F si trovano tre gradi intermedi: B (Preoccupante), C (Pessimo), D (Declassato). La migliore in classifica si è rivelata per ora Banca Intesa (A-), mentre in fondo, con una D, troviamo la Technogym.
Theodor Van Poor – il nomignolo con cui si firma uno degli attivisti on line – ci spiega che «il progetto era già in gestazione da un anno, ma c’erano soprattutto delle questioni legali da approfondire, perché citando delle aziende dobbiamo tutelarci e organizzare bene il lavoro». In questo anno, continua Van Poor, «abbiamo visto la crisi italiana peggiorare e il governoMonti rispondere con riforme inadeguate come quella Fornero. Nè ci sembrano positive le premesse del nuovo governo: non ci pare che precari, cassintegrati, licenziati, vittime di mobbing possano aspettarsi un vero cambiamento.
Così abbiamo deciso di festeggiare il primo maggio in modo nuovo, mettendo la B&P al servizio dei lavoratori». Il nome «Bastard & Poor’s» si ispira ovviamente alla ben più nota agenzia di rating Standard & Poor’s, «cui perfino Obama ha deciso di far causa – spiega Theodor – Perché con i loro giudizi sugli stati fanno il bello e cattivo tempo: e d’altronde lo dicono loro stessi che “è meglio un punto di vista che una sfilza di dati”. Ma alla fine, in questa catena della finanza, l’ultimo a pagare è sempre il lavoratore.
Ed è vero, esistono già blog, siti, trasmissioni, che fanno parlare il precario e il licenziato, ma vengono sempre mediati dai giornalisti o affiancati a politici che subito dopo chiudono con la loro classica promessa. A noi piaceva invece costruire una voce tutta e solo dei lavoratori, in cui possano parlare in prima persona: “bastardi e poveri” come dice il nostro brand. O, se preferite, il “bastardo”è l’azienda è il “povero” è lo sfruttato». Un povero «transnazionale», e non a caso sono arrivate richieste di collaborazione dall’estero, dalla Spagna alla Grecia.
Il rating lo possono mettere tutti: pure i migranti, gli studenti, perfino (e forse amaggior ragione) chi lavora in nero. Età media 35 anni, il gruppo di fondatori del sito è distribuito soprattutto nel Centro Italia: i componenti hanno avuto in passato esperienze sindacali, ma sono spesso rimasti delusi, e comunque si dicono «critici contro la concertazione».
Anche se però, ci tengono a sottolineare, «non diremmo mai come Grillo che il sindacato è da superare, anzi. Diciamo che è da rifondare, da ammodernare». E guai a dar loro dei «grillini»: si collocano più che altro nella «sinistra classica», anche se oggi «dire cosa sia la sinistra è dura ».Sono comunque stati contattati da sindacalisti, avvocati, fotografi che offrono collaborazione, oltre a essere stati investiti da decine di mail con storie di sfruttamento. Hanno ovviamente una pagina Facebook e un account twitter.
Il rating è appena all’inizio, dunque, e non si può che concludere con la frase dell’insegnante precario: «Ormai siamo docenti a intermittenza, a chiamata, ma con i ragazzi stabilisci un legame. Se siamo precari noi, lo è anche la scuola».
twitter: @AntonioSciotto1