La prova d’ingresso, strutturata con risposte multiple, può avere un senso solo se riferita all’individuazione di procedure per graduare gli accessi per le province e per le classi di concorso dove è maggiore la domanda di partecipazione rispetto ai posti disponibili.
La scelta, fatta senza confronto e senza logica, prevede un punteggio alto e rigido, senza alcuna gradualità.
Prevedendo, come ha fatto il Miur, l’attribuzione di zero punti sotto la soglia di 43 risposte esatte, di fatto, si introduce un elemento di forte selettività.
I quiz dovrebbero essere finalizzati solo a graduare gli accessi ai percorsi formativi e non incidere sul punteggio finale.
La scelta del Miur non ha alcuna giustificazione.
Viene da pensare che ci sia stata una “maligna regia” di chi ha sempre contrastato e mal digerito l’attivazione dei Tfa speciali.
Ci sono anche altre criticità individuate dalla Uil scuola ma questa è davvero insostenibile e punitiva nei confronti di quei precari che hanno garantito con il loro lavoro il funzionamento delle scuole italiane e acquisito una forte professionalità sul campo.
Eliminare la valutazione delle prove di accesso non vuol dire “svuotare” di significato la procedura abilitante poiché i precari dovranno, comunque, sostenere una serie di esami intermedi più una prova finale e, dopo l’abilitazione, per il ruolo dovranno superare ancora un concorso.
Su tutta la materia del TFA è urgente, quindi, un incontro con il Miur.
Ci troviamo di fronte ad un sistema che fa acqua da tutte le parti e che dovrà essere sostanzialmente modificato dal nuovo Parlamento, prevedendo modalità meno costose per i giovani, più snelle, che non creino nuovo precariato.