ADIDA – “SVOLTA DECISIVA” AL TRIBUNALE DI MILANO
Vittoria per i precari di Adida il Ministero condannato alle spese del processo
Il Tribunale di Milano nella persona del Giudice Istruttore Dott.ssa Chiara Colosimo ha accolto il ricorso dell’Associazione Adida patrocinato dagli Avvocati Michele Bonetti e Santi Delia; trattasi di una vittoria storica poiché dopo alcuni accoglimenti vi era stata un’inversione di tendenza a seguito di una sentenza della Corte di Cassazione a cui si erano uniformati tutti i Tribunali compresi quelli di Roma e Milano, che oggi ha invece il coraggio di tornare sui propri passi.
“Forse siamo ad un giro di boa – ha commentato Barbara Borriero coordinatrice nazionale Adida – questa volta non si tratta di un accoglimento di sparuti e piccoli Tribunali della Penisola, ma di una svolta intervenuta in uno dei Tribunali e fori più importanti d’Italia”.
“L’accoglimento riguarda non solo gli scatti di anzianità ma anche il risarcimento del danno – riferiscono gli Avvocati Michele Bonetti e Santi Delia – il Tribunale ritiene che un lavoratore a tempo determinato sia tale e quale in termini di competenza e professionalità ad uno a tempo indeterminato e non fa distinzioni fra abilitati e non abilitati, equiparandoli finalmente in termini economici”.
Il Tribunale di Milano, riferiscono soddisfatti da Adida, accoglie i diritti dei precari e condanna alle spese del processo il Ministero.
BREVE NOTA A SENTENZA TRIBUNALE DI MILANO, SEZIONE LAVORO, 12 OTTOBRE 2012, N. 4782
La questione all’esame del Tribunale di Milano, sezione lavoro, concerneva l’impugnazione di contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il Ministero, per lo svolgimento dell’attività di docente, tra il 14 maggio 2006 e il 30 giugno 2012 per cui veniva richiesto il riconoscimento di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato; l’erogazione di una somma indennitaria come per legge; l’aumento periodico della retribuzione in base agli anni di servizio e gli scatti biennali di stipendio.
Le fattispecie in esame rileva ai fini di problematiche decisamente complesse, oggetto di differenti interpretazioni da parte della stessa giurisprudenza anche di legittimità.
Orbene con la sentenza del 12.10.2012 n. 4782, il Tribunale di Milano, sezione lavoro, ha avuto il coraggio di scardinare le precedenti pronunce e di equiparare il trattamento retributivo dei docenti precari a quello dei docenti a tempo indeterminato.
La sentenza in esame ha ribadito come l’utilizzo di contratti di lavoro a tempo determinato trovi la propria ragion d’essere nella necessità di far fronte a situazioni contingenti e limitate e allo stesso tempo ha evidenziato come dietro l’utilità oggettiva e temporanea del contratto a tempo determinato si celi il riprovevole intento di cristallizzare il rapporto di lavoro precario. L’utilizzo smisurato di detti contratti a termine, se pur rispettosi nella forma del principio di legalità, eludono nella sostanza lo status di lavoratore quale centro di imputazione di diritti e di doveri in continua evoluzione.
La sentenza in oggetto ha saputo riconoscere tale evoluzione mettendo in luce l’assunto che l’utilizzo/abuso reiterato dei contratti a tempo determinato non sia altro che una modalità di regolamentazione del rapporto di lavoro che non può non esteriorizzare e non tener conto delle competenze e della professionalità del precario.
SULL’ANZIANITA’ MATURATA E SUL RISARCIMENTO DEL DANNO PATITO
Il Tribunale di Milano ha così statuito: “orbene, lo scatto di anzianità ha la funzione di parametrare il trattamento retributivo alla progressiva acquisizione di una maggiore professionalità e competenza del lavoratore. Esso, in sostanza, tiene conto della maturazione della sempre più ampia esperienza che ciascun lavoratore consegue in forza del protratto svolgimento della propria prestazione.”
La questione della progressione economica conseguente all’anzianità di servizio non risulta disciplinata dalla normativa sui contratti a termine e la ragione è oltremodo evidente: per loro stessa natura, detti contratti sono destinati a regolamentare situazioni contingenti e limitate nel tempo, e non possono in alcun modo essere impiegati per regolamentare con continuità e stabilita un rapporto di lavoro.
D’altronde, è principio consolidato del nostro ordinamento, così come dell’ordinamento comunitario, quello inerente l’eccezionalità del contratto a termine rispetto alla regola generale del contratto a tempo indeterminato.
L’ordinamento, peraltro, non conosce nessun elemento che possa portare a un sovvertimento di detto principio laddove il datore di lavoro sia un soggetto pubblico, e nulla che consenta alle Amministrazioni di impiegare tale strumento con modalità atte a stravolgere la specificità di questa fattispecie contrattuale.
Il fatto che anche nel pubblico impiego il rapporto di lavoro a tempo determinato rappresenti l’eccezione, e non la regola, è considerazione che può agevolmente trarsi da quanto previsto dal D. Lgs. 165/2001.
All’art. 36, co. 1, infatti si stabilisce che “per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato”, e il successivo comma terzo evidenzia l’esigenza di evitare abusi nell’utilizzo delle diverse forme di lavoro flessibile.”
Incombe sulle Pubbliche Amministrazioni l’obbligo di operare nel rispetto del principio di legalità e di agire quindi, non soltanto conformemente ai principi propri dell’ordinamento interno, ma anche in piena coerenza con i principi promananti dall’ordinamento comunitario.
Parimenti, non appare ragionevole giustificare il trattamento differenziato in considerazione dei differenti obblighi che incombono sui docenti di ruolo, nella misura in cui questi stessi obblighi siano la diretta conseguenza di un’assunzione a tempo indeterminato e contropartita della stabilità dell’impiego.
Secondo il Giudice Milanese:
“Nel caso di specie, la progressiva reiterazione di rapporti di lavoro a tempo determinato ha di fatto realizzato un contesto del tutto identico, sotto il profilo dello sviluppo della professionalità, a quello tipico di un rapporto a tempo indeterminato.
Non v’è dubbio, infatti, che l’odierna ricorrente abbia prestato la propria attività senza soluzione di continuità e che lo abbia fatto sempre svolgendo mansioni corrispondenti al profilo di docente. Conseguentemente, non può revocarsi in dubbio che la stessa abbia nel tempo acquisito un’esperienza del tutto identica, sotto il profilo qualitativo e quantitativo, a quella maturata dai colleghi di pari anzianità, legati all’amministrazione da un rapporto a tempo indeterminato.
La disparità di trattamento sin qui riservata alla parte attrice non risulta legittimata da alcuna ragione obbiettiva, né in altro modo giustificabile.
Può e deve quindi essere accolta la domanda relativa al risarcimento del danno subito per il pregresso mancato riconoscimento dell’adeguamento retributivo.
Per questi motivi, deve essere dichiarato il diritto della ricorrente al riconoscimento ad ogni effetto di legge e di contratto dell’anzianità maturata dal 11.09.2008, e al risarcimento del danno patito, consistente nella mancata percezione negli anni passati delle retribuzioni di volta in volta adeguate alla corrispondente anzianità”.
Roma, lì 19.10.2012. Avv. Michele Bonetti