Quanto sta accadendo con i test di accesso ai nuovi percorsi di abilitazione dei docenti è preoccupante. Una percentuale di esclusi che in qualche caso è del 100% lascia a dir poco sconcertati. Poiché non è immaginabile che le nostre Università sfornino una così estesa massa di incapaci, ci chiediamo se chi ha predisposto i questionari li abbia tarati in modo ragionevole e congruo alle finalità del test. Non ci appassiona la ricerca quasi morbosa di eventuali errori, peraltro deprecabili: il vero problema è che il metro scelto si rivela del tutto inadeguato, con conseguenze alle quali è ora necessario che qualcuno ponga rimedio.
Non è pensabile che siano le migliaia di candidati a dover pagare, dopo la tassa di ammissione al test, anche il costo salato di un’esclusione dovuta al modo improprio e incongruo con cui la prova è stata predisposta e gestita. Non partiranno certamente corsi per i quali i frequentanti si conterebbero sulle dita di una mano. Dopo tante polemiche sul numero dei possibili partecipanti ai TFA, ci ritroviamo con una quantità di ammessi nettamente inferiore alle disponibilità, e tutto questo essendo giunti soltanto alla prima delle tre prove che gli aspiranti avrebbero dovuto sostenere.
Questa ecatombe non è prova di serietà e rigore, di cui tutt’al più rappresenta una caricatura, ma solo la dimostrazione, purtroppo ennesima, dell’inadeguatezza di meccanismi selettivi malamente pensati e peggio gestiti.
Crediamo che sia doveroso rimediare ad una situazione così penalizzante per migliaia di aspiranti al lavoro di docente, che non è possibile ritenere tutti inadeguati, gettando ombre preoccupanti sulla possibilità di innovare in modo serio la formazione degli insegnanti, con grave danno, alla fine, per la qualità del nostro sistema di istruzione.
Roma, 26 luglio 2012
Francesco Scrima, segretario generale Cisl Scuola