Attacchi meschini di categoria – Scrive la professoressa Liliana Liborio
In questi ultimi giorni sui vari portali che trattano di Scuola sono stati pubblicati articoli o considerazioni di “categorie” di educatori o pseudo-tali che non hanno esitato di attaccare e/o denigrare altre categorie di docenti per garantirsi la possibilità più o meno certa del lavoro o più semplicemente di una supplenza. Una sorta di guerra fra poveri disperati che talvolta è riuscita a mettere in evidenza tutta la “miseria” umana. Fermo restando che il lavoro è un diritto sacrosanto, non è assolutamente concepibile però che persone che si definiscono educatori attacchino colleghi più deboli e/o più disperati di loro. La Scuola quella con la “S” maiuscola non è questa e non deve essere questa. Ad alcuni di questi articoli pubblicati in diverse sedi e gruppi dedicati alla scuola ha risposto la professoressa Liliana Liborio, qui di seguito la Sua lettera.
Gentile redazione, vi sarei grata se deste voce, attraverso la vostra pubblicazione, a queste mie brevi considerazioni in risposta alle inesattezze e agli attacchi cui spesso e in diverse sedi è soggetta la categoria cui appartengo e cioè quella dei docenti tecnico pratici (itp).
Purtroppo la Riforma ha penalizzato le nostre classi di concorso più di tutte le altre e i nostri esuberi stanno raggiungendo numeri altissimi.
Leggo spesso, in diversi contesti, gli interventi di questo o quel gruppo di operatori della scuola che magnifica le proprie competenze, l’amore incommensurabile e certamente indubitabile per il proprio lavoro, il ruolo insostituibile della propria professionalità e fin qui, a parte considerarlo semplicemente uno stile espressivo che non mi appartiene, né mai mi apparterrà, passi, ma che tali considerazioni siano utilizzate più o meno esplicitamente a discapito della professionalità e della competenza di altri docenti con definizioni, a volte, che rasentano la querela, non è accettabile, soprattutto da persone che operano nel mondo della scuola e che quindi dovrebbero avere, come minimo, sempre il massimo rispetto dell’altro.
Capisco che siamo in un clima di incertezza totale e ognuno teme per il proprio posto di lavoro, ma la ricerca di continui capri espiatori è la strada sbagliata da seguire e non pagherà.
Tra l’altro in tutti questi anni di insegnamento non mi sono ancora accorta di una presenza così massiccia di tutti questi dottissimi esperti, tecnici eccellenti ed infallibili, cultori delle materie più disparate, missionari del mondo scolastico, epistemologi della pedagogia, fini osservatori dello sviluppo dell’età evolutiva, dinanzi a cui impallidirebbe anche un precursore come Rousseau.
Però ognuno si sente in diritto di esprimere pareri trancianti, pronto a dare sentenze e giudizi inapellabili.
Io penso, invece, che anche noi docenti, grazie al cielo, siamo tutti (o quasi!) per la maggior parte persone normali o almeno lo pensavo.
Persone che hanno fatto le proprie esperienze, cui piace il proprio lavoro e piacerebbe continuare a farlo con impegno e serietà. Il vero guaio del nostro tempo é stata la perdita del senso della misura, il ripiegarsi sui propri egoismi, il fatto di pensare di essere unici ed insostituibili. Soprattutto quando vengono meno le proprie certezze, il modo di vivere l’altro diviene quello di considerarlo come un nemico da combattere o, peggio, da denigrare. E’ questo che ci ha triturato, ci triturerà, consentirà ai più forti di triturarci: l’individualismo totale, la saccenza fine a se stessa, la mancanza di umiltà, la globalizzazione di un “io” che essendo stato costretto repentinamente a fondersi in milioni di altri “io”, attraverso il filtro dell’egoismo e non già della collaborazione costruttiva e della solidarietà, ha finito per rimanere isolato e perdere totalmente significato, invece di guadagnarlo.
Dovremo affrontare, molti neanche più tanto giovani, un futuro professionale alquanto incerto e doloroso, data l’ingentissima (in alcuni casi TOTALE) contrazione delle ore di Laboratorio, per cui anche leggere ad ogni pié sospinto continue inesattezze sul nostro ruolo e sulla nostra professionalità non è accettabile per alcun motivo. Ciascuno di noi ha fatto le proprie scelte lavorative e di vita, basandosi sulle regole che, al tempo, erano previste per l’accesso al nostro ruolo. Quindi ricordo a tutti, se ancora ce ne fosse bisogno, e, se ce ne fosse, troveremo certo le strade più idonee ed efficaci per farlo, che siamo docenti come tutti gli altri e abbiamo doveri e diritti, compreso quello di una collocazione dignitosa, al pari degli altri.
Concludo dicendo che poi non ci si stupisca di interventi di reazione, anche da parte nostra, lo riconosco, qualche volta discutibili, ma giustificati pienamente da quanto appena espresso.
Ringrazio cordialmente per l’attenzione accordatami.
Liliana Liborio (Docente di Lab. di Informatica Gestionale C300)