L’ultima inchiesta, pubblicata sabato 18 giugno sul Corriere a cura di Sergio Rizzo, ne è una prova eloquente, a cominciare dalla constatazione che l’importo del contributo di finanziamento pubblico dei partiti in Italia (costo medio di 3,38 euro pro capite per ogni italiano) è quasi il triplo di quello di altri Paesi occidentali (Francia 1,25, Germania 1,61, Usa 0,12).
Quello che sorprende e offende non è il costo della politica in sé, ma il costo dei privilegi che i politici (parlamentari, consiglieri regionali, presidenti di enti vari, ecc.) continuano a mantenere anche in tempi di crisi come quelli che sta vivendo l’Italia.
E scorrendo le cifre sui vitalizi e i rimborsi vari non si può non fare un raffronto con i costi dell’istruzione.
Dal 1999 al 2008 “i generosissimi ‘rimborsi elettorali’, come si chiama ipocriticamente il finanziamento pubblico, riconosciuti per legge ai partiti politici – scrive Rizzo – sono cresciuti del 1.110%, mentre gli stipendi pubblici aumentavano del 42%”. Tremonti, ricorda il giornalista, l’anno scorso aveva provato a tagliare del 50% quei rimborsi; il taglio è stato ridimensionato dalla Casta prima al 20%, poi al 10%.
Come sempre la “Casta” sa come tutelarsi, peccato che i cittadini continuano a non capire che ci troviamo di fronte ad un Parlamento autoreferenziale che mira non al rilancio del Paese, ma solo a tutelare i propri privilegi.