Si avvieranno percorsi formativi post-diploma in alternativa ai tradizionali corsi di laurea universitari e in tutta Italia saranno 58. Si tratta di “scuole speciali di tecnologia” che formeranno professionisti in aree tecnologiche strategiche per lo sviluppo del Paese. Dunque – pensiamo noi – più attività laboratoriali, più discipline tecniche ecc.
I nuovi “supertecnici” – scrive La Tecnica della Scuola – si affacceranno al mondo del lavoro con in tasca un titolo di studio, dal valore legale, che interesserà diverse aree, quali, ad esempio, l’efficienza energetica; la mobilità sostenibile negli ambiti della logistica, del trasporto aereo marittimo e ferroviario; l’innovazione del made in Italy nel settore della meccanica, della moda, dei prodotti alimentari, della casa e dei servizi alle imprese; la promozione delle attività culturali; dell’informazione e della comunicazione.
Per il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini gli Its rappresentano “una risposta forte al tema della disoccupazione”.
“C’è un gap tra le richieste delle imprese che vogliono tecnici sempre più specializzati e i numeri che la scuola riesce a formare – osserva il ministro -, noi dobbiamo dare risposte. Se da un lato vanno assecondate le inclinazioni dei giovani dall’altro dobbiamo fare opera di orientamento per restituire all’istruzione tecnica una reputazione che riconosca la sua reale importanza. Genitori e studenti devono cambiare mentalità su questo fronte”.
Tutto buono e giusto, ma vogliamo sottolineare che se anzichè demolire gli ottimi istituti tecnici italiani il governo li avesse potenziati oggi non ci sarebbe bisogno di nessun ITS. Prevediamo (ma forse siamo maliziosi?) che scorreranno fiumi di danaro e ci piacerebbe capire meglio in tutto ciò il ruolo che rivestiranno i privati, perchè ancora dobbiamo conoscere gli imprenditori che investono il loro tempo a “mo’ di buon samaritano“, specie quando la torta è appetitosa come in questo caso.