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Vita da precaria – Il racconto di Flora Marcianò

Mi chiamo Flora, ho 35 anni ed insegno inglese da 10. Sono qui per portare una testimonianza a nome di tutti quelli che come me vivono la condizione di precari da molti anni.
La mia prima supplenza risale al settembre del 2001, mi ero appena laureata. Ho provato ad insegnare e purtroppo mi è anche piaciuto. Già dal primo anno di insegnamento però ho capito che non sarebbe stata una strada facile. Sin dai primi anni mi sentivo dire di continuo che per poter avere una certa stabilità e poi eventualmente passare di ruolo avrei dovuto frequentare il corso abilitante SISS, della durata di due anni e dal costo piuttosto elevato. Appena laureata non disponevo dei fondi necessari per poter partecipare al corso e soprattutto non potevo permettermi di lavorare solo part-time per poter frequentare, perciò ho rimandato finchè nel 2007 è stato possibile iscrivermi al corso abilitante speciale Legge 143. Questo corso aveva la durata di un anno, il costo era sempre piuttosto elevato ed occorreva aver lavorato almeno 360 giorni effettivi negli anni precedenti. Ovviamente i giorni di lavoro non erano un problema per me, visto che dal 2001 al 2007 ho sempre lavorato con una certa stabilità, anche con contratti al 30 giugno, oltre che con supplenze su maternità o malattie. Nel 2008 finalmente sono riuscita ad abilitarmi dopo aver sostenuto l’esame finale sono passata dalle graduatorie di Istituto, che sono quelle gestite dalle singole scuole per le supplenze, alle graduatorie ad esaurimento, gestite dal Provveditorato. Da quel momento avevo l’illusione, se non di entrare in ruolo, almeno di lavorare ogni anno, con contratti fino al 30 giugno, e d’estate, come sempre avrei continuato a chiedere l’indennità di disoccupazione fino al primo settembre.
Purtroppo non è stato così. Dal 2009 mi ritrovo ad essere la seconda esclusa alle nomine del Provveditore (anche se la mia posizione è abbastanza alta, sono ottava) e per poter lavorare ho dovuto aspettare le chiamate dalle singole scuole; chiamate che non sempre venivano fatte con un ordine logico, quindi con tutta la tensione dell’attesa, l’incertezza di quando, da quante e da quali scuole contemporaneamente si veniva chiamati, ma soprattutto con la speranza di ottenere una cattedra annuale e non uno straccio di supplenza molto più breve, o peggio ancora spezzoni di cattedre da unire insieme e far coincidere con gli orari, le distanze e tutto quel che riguarda ogni singola organizzazione scolastica. C’è poi l’ultima ipotesi: non venir chiamati per niente!!

Questa è la condizione di chi lavora da precario nelle scuole. Inoltre per rendere le cose ancora più difficili ci si ritrova anche ad avere a che fare con una categoria di lavoratori profondamente divisa al suo interno, tanto da sembrare una lotta quotidiana tra chi è di ruolo e chi non lo è, tra chi è abilitato e chi non lo è, tra chi è abilitato in un modo piuttosto che in un altro e tra chi ha più punteggio e chi ne ha meno. Potremmo definirla “la guerra tra i poveri”.
La ciliegina sulla torta in tutta questa situazione sono i tagli che la riforma ha imposto; tagli che non solo colpiscono il personale, ma anche le esigenze primarie che girano intorno al mondo della scuola.
Come me tantissime altre persone stanno vivendo questo disagio. Io sono ancora stata fortunata perchè in un modo o nell’altro sono riuscita ad ottenere una cattedra, dopo tutta la trafila citata in precedenza. Conosco molte persone che hanno avuto decisamente meno fortuna, riuscendo ad ottenere solo qualche spezzone di cattedra, magari anche su scuole diverse e in comuni diversi, o peggio ancora persone che prima riuscivano a lavorare ora si ritrovano a casa, nell’attesa di una supplenza o di un altro impiego, che sappiamo non è poi così facile da trovare di questi tempi.

Purtroppo anche i docenti di ruolo si ritrovano ad essere perdenti posto, perciò per continuare a mantenere la propria cattedra devono anche spostarsi in due o tre scuole. Mi chiedo di questo passo che futuro ci può essere per noi precari?
La condizione di precario non riguarda solo la precarietà sul lavoro, ma anche e soprattutto precarietà nella vita: non sapere mai se si sarà in grado di pagare il mutuo o l’affitto, le bollette o la spesa, per non parlare poi di mantenere una famiglia, sposarsi ed avere dei figli. Ci si pensa bene prima di fare qualunque cosa perchè non si sa se poi si sarà in grado di riuscire a mantenerla.
Sarebbe bello che qualcuno parlasse in modo reale di questo disagio, che si sa non colpisce solo il mondo della scuola. Perciò sono qui a nome di tutti i precari a chiedere un intervento attivo e spiegare a coloro che decidono del nostro futuro quali sono i reali problemi.