La lettera alla cittadinanza del prof. Lannino
Signori,
vi abbiamo detto ciò che non vogliamo, da tempo ribadiamo con tutta la nostra voce che non è questa la direzione, non è questa la strada da percorrere per preparare un futuro degno per tutti noi di essere vissuto. Abbiamo protestato, siamo scesi nelle piazze per informarvi, per regalarvi la nostra conoscenza, per mettervi a parte di ciò che sta accadendo alla scuola pubblica in questo paese, un’istituzione che è la conquista più sofferta e più importante nella storia dei paesi compiutamente democratici. Abbiamo impiegato il nostro tempo per svolgere sino in fondo la nostra funzione educativa, per ricordare a tutti che un insegnante non smette di essere tale quando esce da un’aula o da un edificio scolastico, ma vive questa professione ovunque egli o ella si trovi; e non abbiamo smesso di ricordare e ricordarci che, in fondo, noi stessi che insegniamo siamo i primi a dover essere pronti ad imparare, a leggere le lezioni che la società in cui viviamo ci impartisce quotidianamente, a cogliere gli spunti di riflessione che voi ed i vostri figli ci lanciano continuamente, impegnandoci in un quotidiano ripensamento del nostro ruolo. Perché non esiste funzione educativa se essa non è dinamica, se non è in grado di rispondere alle sollecitazioni che provengono dal mondo in cui essa vive ed esercita.
Le ultime lezioni che molti di voi ci avete impartito, assecondando una tendenza che discende dal nostro attuale establishment politico, assomigliano però più ad un rimprovero che ad un insegnamento. E’ però vero che ogni messaggio contiene un suggerimento, che le vostre rimostranze relative alla nostra “scarsa produttività” o al nostro essere “fannulloni” non possono essere liquidate così, su due piedi, senza che su di esse sia stata condotta una riflessione. E non perché esse siano ipso facto giuste o vere, ma perché si dà il caso che voi le abbiate formulate, o le abbiate assecondate: insomma, ci sono, ed è giusto riflettere su di esse.
Non vogliamo in questa sede assumere le vesti di avvocati di noi stessi, pratica che sfortunatamente spesso caratterizza il confronto tra chi è insegnante e chi non lo è, tra chi lavora in un contesto abitualmente considerato “privilegiato” rispetto ad altri, i cui incarichi appaiono più onerosi e impegnativi. Sarebbe un’inutile polemica, perché se ci riduciamo a ragionare nell’ottica unica di ciò che è immediatamente produttivo – inteso come ciò che “produce ricchezza” – rischiamo di appiattirci su una pericolosa monodimensionalità.
Rischiamo infatti di cancellare lo spazio mentale necessario per comprendere in che senso la scuola è l’istituto produttivo per eccellenza, a condizione che si precisi la nostra cognizione di ciò che significa “produrre” e del significato autentico della “ricchezza”. Se tutto ciò che non produce risultati monetizzabili nell’immediato è un costo, allora siamo davvero in prospettiva del baratro. Il buon contadino pianta degli alberi i cui frutti saranno goduti dai suoi figli e nipoti: questo è un memorandum di buon senso che non va smarrito, pena l’irreparabile declino.
Certo, da parte nostra forniamo la piena disponibilità a riconsiderare i nostri impegni, a discutere con voi sulla giustizia o l’ingiustizia dei nostri rapporti di lavoro, a patto però che sul punto fondamentale si trovi un accordo: educare le nuove generazioni è un compito da cui nessuna società può sottrarsi, se vuole continuare ad esistere. Educarle bene è ancora più importante, non lasciare che tale educazione sia delegata a mezzi più o meno avventizi o livellata su visioni del mondo autolesioniste, dannose più che mai, perché si presentano in vesti attraenti e carpiscono facilmente l’attenzione di chi non ha gli strumenti per decifrare il loro più intimo messaggio.
Quello che vogliamo davvero è rinsaldare un patto con voi, sederci attorno ad un tavolo in ogni scuola, in piazza, se sarà necessario, per discutere insieme non di tecnicismi o di partigianerie assortite, ma del destino che intendiamo abbracciare, della società che vogliamo essere. Insieme. L’invito è aperto, le occasioni per onorarlo sono innumerevoli: il tempo per rispondere, purtroppo, inizia a diventare poco. E’ necessario agire adesso, darsi una direzione, una visione comune. Vi aspettiamo numerosi all’assemblea pubblica che un comitato di noi docenti ha indetto per giorno 28 Ottobre alle ore 18 presso la S.M. “G. Marconi” in via Addis Abeba 37. E’ un’occasione importante, speriamo non vada smarrita nella routine che ci incatena impotenti, ogni giorno di più.
Prof. Francesco Lannino