scuola

“Con amarezza”, la lettera della professoressa Enrica Rauso

Nel mese di giugno, durante l’ultimo Collegio dei Docenti dell’a.s. 2009/2010 dopo che il Dirigente scolastico aveva elencato le modifiche necessarie per l’applicazione della “ riforma Tremonti-Gelmini “, ho chiesto di poter parlare: dal microfono ho guardato i miei colleghi e non sapevo cosa dire, non avevo parole per commentare lo scempio a cui stavo prendendo parte…… e ho pianto!

Piangevo per tutti quelli che non avrei più rivisto: i docenti di ruolo che non vedevano riconfermata la cattedra nella loro scuola, i precari che proprio non l’avrebbero avuta, gli insegnanti tecnico pratici la cui funzione non era più ritenuta utile…….

Piangevo per il mio modo di insegnare che avrei dovuto drasticamente cambiare: con 30 o più ragazzi in classe come si può mantenere la centralità dell’alunno, seguirlo nella sua crescita offrendogli gli stimoli e gli strumenti necessari per imparare….e poi a chi sarebbe servita l’esperienza accumulata negli anni lavorando a progetti di formazione, alla didattica sperimentale, alla ricerca innovativa finalizzata a creare sempre nuovi interessi scientifici e culturali …..c’è gente che si è impegnata con entusiasmo per trovare i metodi adeguati con cui affrontare le varie discipline e rendere ottimali i propri interventi educativi.

Piangevo per i bidelli che non avrei più rivisto: nel mio istituto controllano, assistono e sostengono gli studenti, puliscono e lavano.

La scuola italiana era un modello invidiato e allora bisognava distruggerlo : sono state cancellate ore di storia, di geografia, di filosofia, di chimica, di diritto ed economia, di informatica…. ma che senso ha?

Tremo nel darmi la risposta: se un popolo è ignorante, è più facile sottometterlo: è la cultura che rende l’uomo libero.

Famiglie, studenti, insegnanti, collaboratori scolastici hanno il dovere di resistere : il problema della riforma della scuola non è solo legato alla perdita dei posti di lavoro, ma alla distruzione di tutta l’esperienza dei docenti e ad una formazione amputata e superficiale che verrà data alle fututre generazioni.

E permettetemi una considerazione finale.

Da sempre, nelle classi, i docenti NON possono esprimersi in modo “ partitico “ e il divieto, oltre ad essere dettato dal ministero, si inserisce nell’ambito di una questione etica. Come è possibile allora che addirittura una scuola ( il caso di Adro ) porti i simboli della Lega? E che il ministro Gelmini, interpellato, invece di irritarsi, risponda che nelle aule ci sono anche tanti simboli della sinistra. Ma dove? Ah già, forse il Crocefisso ….. che invita all’amore, alla fratellanza, al servizio verso i deboli e , oggi, alla tutela dei disoccupati affinchè non vedano nel suicidio l’unica via per uscire dal nulla di una esistenza senza futuro!

I genitori del giovane dottorando di Palermo che si è ucciso hanno definito il gesto come l’ennesimo “omicidio di Stato “.