Il bollino è inserito nel progetto “Ospitalità italiana, Ristoranti italiani nel mondo” curato appunto da Unioncamere, che si avvale del supporto operativo di Isnart (Istituto nazionale ricerche turistiche), del coinvolgimento della rete delle Camere di commercio italiane all’estere e del contributo di associazioni imprenditoriali di settore, come la Fipe. Due gli obiettivi di questa iniziativa: da una parte promuovere la gastronomia made in Italy, dall’altro proteggerla dalle contraffazioni, che ogni anno costano al mercato agroalimentare italiano circa 50 miliardi di euro (secondo le stime di Coldiretti sul fatturato globale dell’agropirateria dei prodotti tricolori).
Per ottenere la certificazione i ristoranti italiani all’estero dovranno rispondere ai “dieci comandamenti” stabiliti da Unioncamere: dalla presenza di almeno una persona che sappia parlare italiano e soprattutto di un cuoco che sappia cucinare i piatti della nostra tradizione, al menù tradotto correttamente in lingua nostrana e composto per almeno il 50% da piatti tricolori. Anche la carta dei vini deve essere made in Italy almeno per il 20% e in sala non può mancare una bottiglia di olio extravergine d’oliva prodotto nel Belpaese. Fondamentale l’uso dei prodotti enogastronomici italiani Dop e Igp che devono essere valorizzati attraverso un apposito elenco.
Da adesso per quanto ci riguarda sapremo in quale ristorante italiano entrare e in quale no!