Un arciprete, Don Emanuele Casola, ha deciso di esporre, in via ufficiale, le bare dei prodotti della degradata agricoltura. Per caso è andata a male come il pesce? Cioè dopo tre giorni maleodora? No, il problema è ancor più tombale. A Ravanusa, nel funereo silenzio della piazza “I Maggio”, cioè di quell’area intitolata alla festa dei lavoratori, da “festeggiare” c’è stato ben poco. L’idea è stata quella di ricordare tutti insieme la “Signora fu Pane”e per l’occasione sono giunti alle esequie cittadini e agricoltori. Nelle bare lignee sono state adagiate prelibatezze varie, cioè alcuni tipici prodotti della terra che hanno fatto la fine del caciocavallo: strozzati dal legaccio della crisi. Uno dei “contenitori” però sarebbe rimasto vuoto, nel tentativo di accogliere la fattispecie contadino, sempre più soffocato dal peso del settore. Mancata tutela del prodotto locale, importazione di beni dall’estero, inesistente politica strategica di sviluppo; sono solo alcune delle motivazioni che hanno portato gli abitanti di Ravanusa (e non solo), a protestare contro la grave crisi agricola che sta colpendo la Sicilia. Il Ministro Zaia ha incontrato l’assessore Cimino, promettendo un aiuto concreto per la risoluzione della questione siciliana. Una realtà che, purtroppo, più diffusamente riguarda l’Italia tutta.
- 15 anni ago
Liborio Butera
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attualità
La provocazione di Don Emanuele Casola: a Ravanusa ha celebrato il funerale dell’agricoltura locale
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E' un problema nazionale, come dici tu, quello del guadagno irrisorio dei contadini quando vendono i loro prodotti non direttamente ai consumatori. In Liguria, per esempio, molti hanno deciso di non tenere + mucche da latte (perchè il latte è pagato pochissimo), ma allevano vacche da carne. Si rischia perciò di perdere alcune qualità di formaggi presenti solo in certe regioni